Ritorna dopo tre anni dal suo ultimo disco ufficiale, tre anni ricchi di musica e collaborazioni, innumerevoli live in giro per tutta Italia e la partecipazione da protagonista a SPIT, fortunato programma sul freestyle di MTV. La musica è per lui una vera e propria missione, e “Solo per cambiare il Mondo” è un manifesto esplicito e diretto del suo essere e della sua arte. Sto parlando di Kiave, al secolo Mirko Filice, che ho intervistato in occasione della promozione del suo ultimo album, uscito il 26 Novembre scorso.
A cura di Adriano Costantino
“Solo per cambiare il mondo”, iniziamo parlando del nuovo album. Com’è nato e perché hai scelto questo titolo?
E’ nato per necessità, come tutti i miei album. Non sono uno che scrive o produce perché deve farlo, perché ha delle scadenze, scrivo quando sento l’impulso di farlo, la necessità di farlo. Penso che si possa fare musica per cambiare se stessi, cioè per arricchirsi, e sentirsi un po’ più sicuri di se, per sviluppare un senso di superiorità nei confronti di chi ti segue e ti ascolta, o si può fare musica per comunicare, per cambiare le cose, per dare alla gente qualcosa in cui rispecchiarsi. Una volta che fai questo, riesci a cambiare qualcosa, e cambiando qualcosa sei riuscito a cambiare il mondo, da qui il titolo.
Collaborazioni importanti e di peso, per un album che probabilmente è uno dei più interessanti usciti nel 2012. Parlaci un po’ di come le hai scelte e magari, se c’è, raccontaci qualche aneddoto particolare durante la registrazione dei vari pezzi.
Le collaborazioni sono tutte molto naturali, sono per la maggior parte amici e comunque artisti che stimo molto. C’è tutta Blue Nox, più o meno, c’è parte di Unlimited Struggle, un’altra realtà che considero come la mia famiglia. Di aneddoti ne avrei tanti, ma ti dico che la cosa che più mi è piaciuta delle registrazioni è stato lavorare con Squarta che è sia un grande artista, sia un grande tecnico che una grande persona. Potrei raccontarvi di quella volta in cui siamo andati a bere con Impro dopo le registrazioni, e non ci ricordavamo più dov’era la macchina a fine serata e l’abbiamo cercata tutta la notte barcollando, ma forse è meglio di no…
“Street Fighter” vede la collaborazione di Ensi e Clementino. Tu e loro due nella stessa traccia: tre king del freestyle sullo stesso beat. Il risultato, per usare un gergo in voga nell’ambiente, potremmo definirlo “una mina”. Non temi che, un domani, questo pezzo possa essere utilizzato come arma di distruzione di massa?
Il pezzo è stato finanziato dall’industria militare statunitense, non posso parlarne mi spiace :D
“Prima di parlare di strada, ho parlato alla strada”. Prendo spunto da questa frase, per fare una personale considerazione e porti una domanda: sono in tanti, ultimamente, quelli che infarciscono i propri pezzi di storie di strada, botte e bamba (cit) e poi, magari, le battaglie più “dure” le hanno fatte su Youtube (e qui cito Ensi). Tu come la pensi a riguardo? Credi ci siano troppi falsi “figli della strada”, attualmente, nella scena hip hop italiana?
Io sono convinto che quando hai vissuto davvero la strada, o hai passato davvero certi guai, non hai molta voglia di parlarne o di basare la tua musica su questo, anche per le varie ritorsioni legali che la cosa può avere. Poi detto con schiettezza, ci sono strade e strade, per qualcuno che è cresciuto in “certe strade” di alcune città del sud, certi rapper fanno davvero ridere, ma ognuno è libero di fare/dire quello che vuole. Solo sappia che così come il “vero riconosce il vero”, “l’uomo di strada riconosce l’uomo di strada”, e la strada merita di più, la gente di strada merita di più che l’elogio continuo della sua violenza o della sua decadenza.
Tra i pezzi più riflessivi dell’album, spicca sicuramente “11 storie”. Il ritornello è durissimo, ma reale: “Benvenuto nel posto sbagliato, benvenuto in Italia”. Il pezzo, poi, si conclude con la storia di Mirko (la tua?), che per lottare ha scelto parole e musica. Pensi che questo possa essere l’inizio giusto per “rendere ‘sto posto migliore”?
Assolutamente si, altrimenti non avrei fatto un disco così ma avrei sfruttato la visibilità dell’ultimo anno per arricchirmi e fare qualche hit commerciale, cosa molto semplice ormai. La musica è la mia vita e il Rap è la mia spada, fin quando avrò respiro io lotterò per cambiare le cose, ho scelto da che parte stare, e sono qui per dare fastidio e far crollare chi sta dalla parte opposta, mi spiace.
Sei stato uno dei partecipanti alla prima edizione di Spit, il programma condotto da Marracash per Mtv. Potremmo definirlo un vero e proprio talent show, visto che oltre te e – così, per fare due nomi a caso che nell’intervista abbiamo citato poco – Clementino ed Ensi (che, tanto per cambiare, ha finito per vincerlo), hanno partecipato anche diversi volti nuovi del rap italiano, che hanno così avuto modo di presentarsi al grande pubblico. Quanto credi che sia importante per la scena italiana un programma del genere, considerato che altri talent – leggasi X-Factor – danno poco (o nessuno) spazio a questo genere musicale?
Sinceramente non considero Spit un talent, anzi, Spit è stata la proiezione televisiva di ciò che abbiamo sempre fatto, cioè il freestyle, dal parcheggio, alle scalinate della scuola, ai palchi, in tv, siamo sempre stati noi stessi. Quindi lo definirei un’opera di divulgazione di un aspetto dell’Hip Hop, il freestyle per l’appunto, che può arrivare e affascinare tutti.
C’è chi appunta le rime su un quaderno, chi è più tecnologico e le appunta nel palmare. Per te, invece, come nasce un pezzo? Hai un processo creativo particolare?
Dipende dai pezzi, su alcuni ci passo i mesi, altri sono fatti in freestyle (e non saprete mai quali sono), dipende, comunque appunto sempre tutto dove mi capita…
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=cMipqo1coz0[/youtube]
La mia stima nei tuoi confronti è tale che qualsiasi cosa tu scriva, io la leggo o l’ascolto. Ecco, l’ho detto. Andiamo avanti. Da poco hai iniziato a curare anche un blog sul sito del Fatto Quotidiano. Per il momento hai pubblicato due post, entrambi molto interessanti e, dal numero di commenti, pare evidente che abbiano riscosso diverso successo. A parte la ricerca della rima, quali sono le altre differenze tra lo scrivere un pezzo rap e lo scrivere un pezzo “giornalistico”? Noti differenze anche nel confronto con chi ti legge rispetto a quello con chi ti ascolta?
Bellissima domanda! La differenza c’è, assolutamente una è una forma d’arte, l’altra no per iniziare, entrambe hanno delle regole, ma entrambe sono destinate a distruggerle tutte per colpire l’ascoltatore. Per me è importante il messaggio che traspare in entrambe, logicamente la musica non deve essere sempre seriosa, nemmeno il blog, ma il blog è un momento di riflessione maggiore, mentre la musica a volte, deve portarti via dai problemi, trasportarti su un isola felice dove tu puoi respirare e rigenerare le tue energie. Logicamente in entrambi gli ambienti sono sempre io, al 100%.
Il tour di SPCM è partito ufficialmente il 24 novembre. Quali saranno le prossime date?
Ci tengo a dire che nelle date ci stiamo davvero divertendo, siamo Io, DJ Double S e Dongo, e la gente è presa benissimo, la cosa ci onora non poco. Le date del Tour sono disponibili sul mio sito, e sono in continuo aggiornamento, toccheremo più città possibili, porteremo l’Edutainment ovunque.
Siamo giunti al termine. Non mi resta che salutarti e ringraziarti per il tempo che mi hai concesso. Come di consueto, l’ultimo spazio lo lascio per linkare i tuoi contatti sui vari social network, il tuo sito ufficiale e tutto ciò che occorre per rimanere in contatto con te e con la tua musica.
Ringrazio te per le domande molto interessanti e di seguito lascio i miei contatti, a presto.
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