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Dai Meet and Greet alle Lottery: tutti gli sgarri ai danni dei fan

Bruce Springsteen: dopodomani in concerto davanti ad un pit scelto con la Lottery

Qualcuno di voi ha mai pagato per sorpassare in autostrada? Nessuno di voi si è visto protagonista di un’estrazione per sovvertire la fila alla posta? Quanto avete speso perché il vostro capo vi ricevesse nel suo ufficio l’ultima volta? Potrebbero sembrare tre domande senza senso, ma è perfettamente ciò che (decontestualizzato) sta accadendo da qualche anno nel mondo dei concerti rock (e non solo).

Andando per ordine, prima c’erano due settori: tribuna o parterre? Poca scelta, tutto semplice. Questo era prima.

Gli anni zero e questo primo triennio dei twenty-tens ci hanno abituato alla dissacrazione di tutta la respectability che poteva avere un grande artista in concerto in una delle nostre belle città. Badate bene: nessuno vuole mettere in dubbio che i “pesci grossi” abbiano sempre voluto più quattrini (o forse no?), e che il livello di effetti e tecnologia a cui ci stiamo abituando (basti guardare gli ultimi tour di U2, Muse e Coldplay) abbiano i propri costi tra macchinari e staff che vanno in qualche modo coperti, ma già gli aumenti, se il problema fossero solo gli aumenti, dei biglietti dei concerti hanno in sé dello schifoso, specie se ci rendiamo conto di essere arrivati a spendere senza battere ciglio 150.000 vecchie lire per un posto in piedi e (forse) sotto l’acqua. Fosse solo questo.

Gli ultimi anni ci hanno abituato a considerare nella norma alcune tra le pratiche per racimolare denaro che più irritano l’affetto (e i portafogli) dei fan.

Il Pit in un concerto dei Metallica

Capitolo primo: i “prati gold”. In una afosissima giornata di luglio i vostri beniamini arrivano nella vostra città. Voi siete al settimo cielo: avete comprato i biglietti a carissimo prezzo da 7-8 mesi, sapete scaletta e discografia a memoria, preparate la maglietta con logo in vista e vi preparate ad una fila di almeno 20 ore per conquistare la prima fila. Se non fosse che qualcuno dei vostri compagni di coda sceglie un’entrata secondaria con la dicitura “Prato gold”. Contro la transenna vi ci ritrovate: peccato sia la transenna degli sfigati di turno che non sapevano che le prime 20 file di parterre sono destinate a chi ha sborsato 20-30-anche-40 euro più di voi, per tutti gli altri il concerto si vede col binocolo.

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Il temutissimo Prato Gold di Vasco Rossi in una mappa dello stadio

Stratagemma molto fruttuoso, il prato gold è stato assoluto protagonista, finora, dei concerti di Vasco (per gli italiani) e Coldplay. Per non parlare degli U2 che riservavano una zona sotto-palco (Red Zone) a chi fosse stato disposto a spendere 200 euro in più del prezzo normale del biglietto. Variante significativa del metodo-del-parterre-privilegiato è quello che garantisce il “pit” solo agli iscritti al fan club. Cosa distingue un fan vero da un poser? I 20 euro annui versati al fanclub dell’artista, ça va sans dire! Particolare amante di questa tecnica è il nostrano Ligabue, che garantì i primi diecimila posti del suo Campovolo 2.0 agli iscritti al Bar Mario… Per tutti gli altri un bel concerto, ma il vero fan è chi paga e merita di stare davanti.

Secondo step: i Meet and Greet Packages, perché quando sei qualcuno il tuo tempo costa caro. Tecnica che si ispira ai principi pre-diritti-umani, ma ancora molto apprezzata, consiste nell’organizzare una “festicciola” nei meandri del palazzetto dove si suona, una mezz’oretta prima del concerto: ci raduniamo in cinquanta, vi regaliamo qualche gadget, una foto (una per persona) con il gruppo e bye bye. Iniziativa più che onorevole, se non fosse che i “partecipanti” devono sborsare tra i 200 e i 1000 euro per incontrare i propri idoli. E quelli, senza accorgersi che sì, in effetti farsi pagare per un saluto e una foto fa parecchio schifo, sorridono, salutano, ringraziano, autografano. E come se non bastasse, finito l’idillio d’amore con i 50 sconosciuti li scarichi dritti nella prima fila di parterre, togliendola a chi ha avuto i soldi (e le palle) per le ore di fila ma non aveva quelle 200 carte in più (che avrebbero solo quintuplicato il prezzo della serata). Iniziatori di questo genere di bunga-bunga al contrario (in cui chi paga è l’ospite, ma preferibilmente senza componente sessuale) sono i Dream Theater, seguiti dai 30 Seconds to Mars, già accusati dai (forse) più onesti ma meno famosi Enter Shikari.

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Ligabue: un amante del pit riservato al fan club

Ultima nell’hit parade dell’orrore è una pratica ancora poco in uso, il cui punto di forza è proprio la subdola volontà di non fare soldi per un pit, ma di rimescolare le carte per scoraggiare i fan a fare file lunghissime. Il concetto è facile: vi vogliamo bene e siete così buoni e cari che ci date 75 euro in 40mila, ma le prime file le decidiamo ad fallum canis, anche se arrivate per il Natale prima e portate l’aragosta per festeggiare. Per chi ha indovinato (ed è la goccia-trabocca-vaso che mi sta facendo scrivere questo articolo), si tratta proprio della temutissima Lottery. In breve, il vostro beniamino suona domani sera al Palazzetto vicino casa vostra. Facile: notte all’addiaccio, anche con meno trenta e tempesta di neve, domattina pausa per riportare i sacchi a pelo in macchina e entriamo. La prima fila è nostra, non c’è dubbio. E invece no! Si presentano 40-50 ceffi dell’organizzazione che vi dicono “A breve potrete entrare, tenete questi” e vi consegnano dei braccialetti numerati.

Dopo un primo momento di entusiasmo per i numeri 1 e 2 capite che siete nel bel mezzo di una fantastica tombola, che i braccialetti sono duemila e il gorilla davanti a voi sta frugando in un sacchetto da due tonnellate e mezzo per estrarre il numero da cui comincerà a entrare la fila di venti kilometri dietro di voi. E sì, se esce il 3 voi sarete le numero millenovecentonovantanove e duemila ad entrare, ora potete ringraziare l’organizzazione, che, come-se-non-fosse-abbastanza-già-tutto-questo, vi invita ad apprezzare il loro metodo democratico.

Il Meet and Greet dei Dream Theater

Senza troppi racconti fantascientifici, è quello che succederà dopodomani all’ultima data italiana di Bruce Springsteen, dove per strane coincidenze astrali, o forse perché gli è morto il gatto, l’organizzatore ha deciso di donare l’ultimo tiro mancino ai più sfegatati fan, che si ritroveranno a fare nottata (forse, dipende dalla “democratica” sorte dicono gli organizzatori) davanti all’Ippodromo delle Capannelle forse invano, a causa di un sorteggio che deciderà l’ordine d’entrata dei primi 2000 nel pit.

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In questo articolo non ho risparmiato due o tre nomi per ogni esempio di “sfruttamento”, ma attenti: non crediate che gli altri facciano eccezione, in questo mondo purtroppo ancora troppo legato a chi sa approfittare dell’affetto e dell’amore dei fan per arrotondare l’incasso (c’è crisi) di ogni concerto.

Tutto perché, dopo 40 anni di fila “autogestita” dai fan (con tanto di pennarelli e controllori improvvisati che sorveglino che nessuno si imbuchi nella fila), nessuno ha ancora mai avuto il coraggio di organizzare una fila con i numeretti almeno per i primi 2-3000 fan accorsi. “Noi questa numerazione non la riconosciamo”, dice lo steward, e va avanti sempre lo stesso film: se le inventano tutte pur di non assicurarci una cosa che può essere fatta gratis e garantita (non regalata: noi paghiamo per questo) a chi ama così tanto l’artista che va a vedere da sacrificare una notte di sonno e una giornata di lavoro per stare sotto il sole (quando va bene) a fare la fila.

La fantastica Red Zone del tour 360 degli U2: riservata a chi è disposto a spendere quasi 300 euro

Se ho toccato, facendo nomi, il vostro artista preferito, ed ho inevitabilmente urtato le vostre sinapsi da vero fan, mi scuso subito: ma provate a rileggere un po’ il punto a cui siamo arrivati e provate anche voi a negare che o tramano contro di noi che ai concerti ci andiamo con la piccola pretesa di vedere bene, oppure che ci stanno semplicemente prendendo per i fondelli per farsi qualche risata: io non ci sono riuscito.

Auguro di cuore a chi affronterà la Lottery di giovedì al Rock In Roma di poter digerire qualsiasi ingiustizia che quel metodo provocherà, così come auguro che presto arrivi qualche santo che piazzi una macchinetta del supermercato là davanti alla transenna della coda. Chissà che almeno i nostri figli possano fare file decenti, un giorno.

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