Vorrei trovare la forza
di uscire dal gorgo,
di uscire dal gregge,
di uccidere i miei nemici
e di prendere l’ultimo treno
di quiete ed oblio,
senza mendicare
felicità negate,
rincorse a vuoto
di realtà scortesi. Vorrei trovare la forza
di dimenticare i ricordi,
neon intermittenti
di serate umide,
colori sbiaditi
di angosce ripetute,
ibride schermaglie
di astrazioni indifferenti,
rumori di fondo
d’inconsistenti déjà-vu.
Karen Lojelo – “L’ebbrezza del disincanto”, Anno 2012, Cut-Up Edizioni, Pagine 100, Prezzo € 15
L’Ebbrezza Del Disincanto è un romanzo scritto nel 2012 da Karen Lojelo, giovane scrittrice romana alla sua terza pubblicazione, dopo il suo primo romanzo “L’amore che non c’è” e la raccolta di poesie “Binario 8”.
La storia è ambientata in una moderna Parigi, pur sempre con i suoi contorni velati e un po’ magici, e parla della travagliata storia d’amore tra Pierre, professore ormai tanto assente quanto semplice involucro di carne che si trascina per le strade parigine, e Clarissa, giovane fiamma sognatrice affievolita dai pesanti casi della vita.
Due personaggi differenti ma allo stesso tempo complementari, una storia d’amore tormentata tra le finestre e le panchine di questa infinita città, simbolo della romanticità e della speranza.
Un amore inaspettato quanto inopportuno per i due che vivranno i giorni del loro amore nella maniera più bella e dolorosamente piena, quasi ad esasperare questo sentimento cosi importante.
Una storia ricca di colpi di scena, proprio come la nostra vita che, tra alti e bassi, non smette mai di ricordarci quanto possa essere difficile trovare ogni volta la forza per mettere anche solamente un piede davanti l’altro, proprio come Pierre, per poi cambiare completamente in un attimo, con giravolte inaspettate, importanti e perchè no, spiazzanti.
Karen Lojelo si lancia prepotentemente nel panorama letterario italiano, con uno stile di scrittura scorrevole e piacevole, capace di prendere il lettore e fargli vivere passo dopo passo ogni singola parola, ogni singola emozione della storia che sta leggendo.
Sono riuscito ad intervistare di persona Karen e, ringraziandola per la squisita mattinata concessami, ve la faccio conoscere tramite questo interessante scambio di battute che abbiamo avuto qualche giorno fa.
Ciao Karen, presentati brevemente per chi non ti conosce, come è nata la passione per la scrittura e come è stato entrare in questo mondo. Io scrivo da sempre, da quando ero piccola.
Pensate che al primo Natale che passai sapendo leggere, chiesi libri per regalo… la scrittura, la lettura, i libri, la letteratura, ce l’ho quasi nel sangue da sempre.
Ho sempre scritto pensieri, parole, frasi, anche cosi soltanto per scrivere.
Dopo aver conseguito il diploma ho iniziato a lavorare e per un periodo lungo, per motivi personali, di scelte professionali, ho lasciato da parte la scrittura.
Poi tutto d’un tratto, sei anni fa, ero a Sabaudia ( Litorale laziale ), mi ritrovai a pensare se ciò che stavo facendo era veramente ciò che volevo per la mia vita… e cosi decisi di mollare tutto, licenziarmi, e dedicarmi completamente alla scrittura.
Scrissi quindi il mio primo romanzo, “L’amore che non c’è”, e lo pubblicai tramite un piccolo editore, ma almeno cominciai a vivere quel mondo, a conoscere l’ambiente, persone e luoghi.
Poi pubblicai, quasi per sfizio, una raccolta di poesie dal titolo “Binario 8”; è una semplice raccolta di poesie con la caratteristica di raccontare una storia, un viaggio interiore, tra i significati della vita, da qui poi il titolo “Binario 8” Dopo di che sono arrivata a scrivere questo ultimo romanzo, di cui vado molto fiera per la maturazione che credo di aver raggiunto o che comunque non c’era sicuramente alla mia prima esperienza. E’ uscito a Maggio scorso e tra poco cominceremo la promozione, le presentazioni, a farlo girare per l’Italia. Stai lavorando ad altro? Progetti per il futuro?
Sto lavorando ad un testo teatrale che dovrebbe andare in scena a Gennaio, che esperienza bellissima quanto difficile! E’ veramente complicato mettere d’accordo tutti!
La storia parlerà di 5 monologhi fatti da 5 donne diverse, davanti ad uno specchio.
Le attrici si alterneranno e faranno 3 monologhi diversi a testi entrando ed uscendo dal bagno, raccontando varie storie, c’è un giallo, un morto, un mistero… è interessante e particolare.
Sto lavorando anche ad un’antologia di racconti che ho curato insieme ad altre 2 mie amiche e colleghe, nella quale ci sono 21 racconti di 21 autori diversi sul tema della guerra e della pace interiore. Credo uscirà per inizio 2013.
Infine ho un romanzo nel cassetto che devo ancora terminare.
L’ho scritto tanti anni fa e per questo ogni volta che lo riprendo in mano lo cambio, lo modifico, sono cambiata nel corso degli anni e specialmente è cambiato il mio modo di scrivere.
Non è facile amalgamare tutto e dargli una valida impostazione… L’ebrezza del disincanto… un titolo composto da due parole contrapposte, perchè la scelta di questo titolo? Il titolo l’ho preso da un aforisma di mio padre, scritto parecchi anni fa e presente all’inizio del libro.
Ho deciso di usarlo quando ho capito cosa intendeva dire.
Anche se sembra una cosa strana, in realtà ha molto senso… mi spiego: Nei nostri tempi, in questa generazione, essere disincantati è una forma di forza che ti permette di essere meno fragile, meno vulnerabile, nei confronti di ciò che ci succede; c’è una sorta di ebbrezza in questa consapevolezza dell’essere disincantati.
Da qui deriva la paura poi di essere felici, di fare cose che ci piacciono ma che poi comporterebbero la paura della perdita e che quindi ci impediscono di vivere. Il tema della paura, cosi come quello del contatto fisico, è un tema principale del libro.
Che relazione c’è fra le due cose? Sia Pierre che Clarissa hanno quasi paura di venire a contatto, lei ha paura, lui anche.. per poi invece abbandonarsi alle rispettive braccia… Sicuramente in linea generale c’è un’attinenza tra paura e contatto fisico.
Ad esempio i bambini quando hanno paura chiedono la mano della mamma, il contatto fisico rassicura ma da l’illusione di essere più protetti; è proprio l’istinto di cercare il contatto per combattere la paura. Perchè proprio Parigi? Beh, sono semplicemente follemente innamorata di Parigi.
Ci sono stata diverse volte in questi anni mentre scrivevo il libro…
Tutto parte dal titolo, il libro è una sorta di spiegazione di esso, tutto ciò che ho creato intorno ai personaggi, la storia, le vicende, tutto è funzionale al tema che volevo sviluppare e Parigi, ed in particolare il quartiere degli artisti, mi sembrava il paesaggio più idoneo a questo mondo cosi appannato, disilluso e allo stesso tempo sognante. Pierre e Clarissa.
Presentaci brevemente i due personaggi e dicci se vuoi quale dei due personaggi preferisci o in quale dei due ti rispecchi di più.. In realtà non mi rispecchio affatto in Pierre ma lo adoro!
E’ un personaggio che ho creato io e a cui sono molto affezionata, mi piace tantissimo in tutte le sue incongruenze.
Lui è il classico uomo che ha deciso di non affrontare la vita di petto ed è vinto dalla vita stessa!
E’ talmente sconfitto che alla fine non ha neanche il coraggio di togliersela questa vita… è una sopravvivenza continua, è un continuo buttare un piede davanti all’altro.
Uno che il mondo lo è sempre stato a guardare, c’è un’immagine reale e metaforica di questo uomo che guarda il mondo da una finestra, che passa la vita guardando le cose da fuori senza entrarci mai realmente, per paura di fare ogni singola cosa, per paura di soffrire.
Clarissa è invece l’altra faccia della medaglia, ma della stessa medaglia! Hanno molto in comune!
Forse lei essendo più giovane ha ancora speranza, non lo da a vedere, lo nega, è quella che crede che le cose possano, debbano andare bene nella vita ed è disposta a lottare perchè ciò accada.
La differenza fondamentale tra i due è che entrambi scappano, ma lei è comunque disposta a lottare. Però alla fine nessuno dei due vuole fare il passo importante… Secondo me il personaggio di Clarisse è più spinto da questa inerzia, dalla quasi certezza che tanto non potrà mai corrompere le convinzioni di Pierre.
Lo conosce talmente bene, o almeno cosi crede, che pensa sia una battaglia persa.
Non è che le manca la voglia di lottare, le manca solamente la convinzione che tutto possa avere un lieto fine. L’importanza della finestra nel racconto.
Essa è l’unico modo di Pierre dal quale puo’ osservare il mondo… rimane un po’ come una sorta di personaggio principale nascosto… La finestra è l’unico mezzo che rimane ai personaggi, in particolare a Pierre, per smettere di essere ciò che sono.
In qualche modo anche un tipo come Pierre, che ha rinunciato ad essere felice, lascia entrare qualcuno nella sua vita, annullando le sue paranoie.. ha qualcosa che lo tiene collegato al mondo.
Anche il più disincantato degli uomini ha una finestra dalla quale continua a sognare…
Il suo mondo interiore continua a vivere attraverso la finestra, ed essa rappresenta un po’ la parte di noi, di un certo tipo di persone, che rimane nonostante tutto con la curiosità di vedere e vivere la vita per ciò che in realtà è, una sorta di voglia di continuare.