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Le piccole cose per tutti i giorni: Alessandro Mannarino e “il profumo delle stelle” a Taormina

Dei piccoli lumi, quasi come lucciole dondolanti al vento d’estate, calano dal fondo del ponte, sotto il quale, poetastro nascosto, Alessandro Mannarino piega le ginocchia, coi piedi incrociati, stringendo con passione, forza ed incredibile tenerezza la donna più bella che un uomo possa desiderare: la chitarra. Una donna dolce, talvolta irruente, a tratti sognante, con picchi d’energia, ma sempre presente. La chitarra chiama tutti a rapporto: fisarmoniche dalle eco zingaresche, percussioni dai ritmi travolgenti, violini dalle corde vibranti, fiati dalla frizzante prorompenza, corpose linee di basso, vellutate scivolate di contrabbasso e maestosa, risonante bellezza di corde e fiato di donna, che ammalia, rapisce e consola.

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Allo scadere del concerto: foto by Staff Mannarino.

Nella calma serata di un qualunque martedì 26 agosto del tempo che il Dermiugo ci ha concesso, il cantastorie romano ha accattivato l’orecchio degli ascoltatori, conducendolo sui sentieri dei suoi pensieri.  Sembra davvero un bel posto, la fonte da cui sgorgano le canzoni di Alessandro. E mentre quella chitarra, grande donna, dà il meglio di se stessa in giravolte di dita e tripudio di articolazioni manuali, la notte s’avvicina, e il repertorio si snoda, dal principio alla fine. Si parte dalle basi del monte (o, forse, sarebbe più corretto dire, dell'”Al Monte”), per respirare l’aria soffusa tra i tavoli del “Bar della Rabbia”, e rimembrare i ricordi e le storie di tempo, come guardando il vecchio “Supersantos”, a cui siamo tanto, tanto affezionati. Tra l’allegria e la malinconia, tra gli amori perduti e quelli vincitori, tra le speranze disattese e le delusioni disilluse, ci ritroviamo, così, senza neanche sentire nelle gambe il formicolio della salita, “al monte”, a cercare il profumo delle stelle. Qualsiasi uomo che abbia il coraggio di definirsi tale ha una stella polare ad illuminare il suo cammino: e quand’essa è celata prepotentemente dalle nubi d’un affuscato destino, non smarrisce la costanza nel cercarla, sempre, nel titanico tentativo di raggiungerla, di riscoprirla.

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E così, arrivati in cima e guardando la città, un velo di amarezza si staglia nero sugli occhi di quell’uomo: non lo Stato, non la bandiera, non i soldi, non il potere salvano l’uomo da storie di ordinaria follia. Quale, allora, la via di fuga? <<Quale la soluzione, quale l’uscita?>>, chiede il suonatore. Il pubblico non risponde: ma è proprio quel silenzio che, in un modo o nell’altro, risolve l’enigma. Così come l’uditorio si prende la libertà di non rispondere, di rimanere in silenzio, anche l’intera umanità può prendersela. Ma no, non di starsene zitta: la risposta alla domanda non sta nel silenzio, ma nella scelta. L’uomo è tale per la sua capacità di scegliere. L’uomo è tale per la sua libertà: per il suo libero modo di essere, di esprimersi, di credere, di pensare, di discernere; in definitiva, di essere presente, di essere, anch’esso, figlio in egual misura della terra e del cielo. A cosa serve suonare? A cosa cantare? Ad essere liberi, caro Alessandro Mannarino, figlio d’arte in Roma e sulle acque, e sulle terre. E la tua musica, ne è dimostrazione tangibile: è cibo per le orecchie, per la pancia, per il sangue, per la testa e per il cuore. Pertanto, ci vuole rispetto per il diritto/dovere che ci rende creature.

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Alessandro Mannarino non può dirsi di certo un grande musicista; non lo è per il semplice fatto che <<con tre giri di accordi, fatti da LAm, Mim, Sol7 e Do, ha costruito, edito e reso abbastanza famosi tre album>>, direbbero fior fior di musicologi e chitarristi della domenica. Di certo, dunque, non è un grande musicista, se la caratura di un musico si misura in battute, note, virtuosismi e quantità di gambette sullo spartito. Tuttavia, è un uomo. Un Uomo con la u maiuscola per ciò che pensa e per come lo dice. Anche qui, non si tratta di elucubrazioni da grande accademico, ma di piccole verità che hanno il sapore di tutti i giorni e di tutte le ore che il tempo, parecchio velocemente, scandisce. In definitiva, Alessandro Mannarino ci riporta alla semplicità. Di musica, di pensiero, di vita. Piccole cose per tutti i giorni: a che fare cercare titanicamente di arraffare l’immensità materiale? Tanto, nella tomba, le cose più grandi d’un uomo non ci stanno.

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Come l’acqua (o per taluni, la birra) è fonte primaria di vita, così la musica per sempre dell’uomo sarà antica amica: a prescindere dagli ostacoli chi la fa, come Alessandro Mannarino, e chi la fa ascoltare, come Euphonya Management, ha il dono inequiparabile della libertà, barlume sempreverde d’umanità.

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