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Speciale Halloween – Wrong Turn 5, trovate un lavoro serio agli autori

Inizio con un appello: trovate un lavoro serio agli autori di Wrong Turn. Su cinque film, non azzeccarne neanche uno credo sia un record. Di quelli per cui non ci si dovrebbe mai vantarsi. L’anno scorso, più o meno di questi tempi, vi sconsigliavo caldamente di vedere Wrong Turn 4. Un anno dopo, rieccoci qui a parlare (male) del capitolo seguente: Wrong Turn 5.

Prima di cominciare, vi informo che questo spazio, da adesso, diventerà una rubrica più o meno mensile dove vi parlerò dei film più inutili che mente umana possa aver mai sceneggiato, recitato, girato e distribuito in giro per il mondo.

Il genere che prenderemo più spesso in esame sarà l’Horror, un po’ perché è il campo in cui chi cerca di strafare finisce per portare sul grande schermo delle porcherie (gergo tecnico, passate oltre) uniche, e un po’ perché la palla è mia e decido io (cit). Scherzi a parte, conto di prendere in esame anche altri generi (a proposito, siete liberi di segnalarmi voi stessi qualche titolo). Il nome della rubrica? Semplice: “Film di cui nessuno sentiva il bisogno”. Ogni articolo, sarà pieno zeppo di spoiler. Lo so, è la vita, che volete farci.

Finiti i convenevoli, passo a illustrarvi questo abominio. Come al solito, abbiamo il nostro bel gruppetto di giovani menti eccelse che decidono di partecipare al famigerato (?) Mountain Man Festival che si svolgerà a Fairlake, una cittadina sperduta della Virginia Occidentale, la notte di Halloween. Cinque ragazzi ansiosi di dimostrare al mondo come le teoria di Darwin sia in realtà una grandissima presa per il culo. I loro nomi sono: Billy, Lita, Gus, Julian e Cruz. E per tutto il film faranno a gara a chi è più idiota. Perdendo tutti e cinque.

Maynard chiede ai canninbali una mano…

Nel 1817, la ridente cittadina di Fairlake, venne attaccata da alcuni montanari cannibali, che divorarono qualunque cosa si muovesse e respirasse. I simpatici montanari sono i nostri tre amici Dente a Sega, Guercio e Tre Dita. I quali, dopo la fuga dal sanatorio di Brendon – narrata in Wrong Turn 4 – vengono trovati dal vecchio Maynard e finiscono ai suoi ordini. Ed è più o meno qui che inizia il film.

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La prima vittima è una giornalista dalla spiccata furbizia. In una cittadina sperduta, decide di farsi una corsetta in un bosco sperduto. Qui si imbatte nei tre cannibali: incontra il primo, lo guarda, fa “ah-ah-ah” e cambia strada; incontra il secondo, gli dice che ha un bel costume da scemo e cambia strada; incontra il terzo, gli dice che le hanno rotto le palle e gli mostra il terzo dito. E lo mostra per almeno un quarto d’ora, rischiando un crampo al braccio, con la faccia che sembra dire “A questo punto del copione dovresti staccarmelo, in modo da farmi spruzzare sangue per tutto il bosco. Vuoi muoverti, razza di idiota?”. Il “razza di idiota” ci mette un po’, ma poi si convince e glielo stacca ridendo. Lei urla, però, e spruzza sangue. E corre. Corre tanto. Tanto che incontra Maynard, il quale finge di metterla al sicuro e poi la sbudella con un’accetta. Così, di punto in bianco. Vamos.

I cinque ragazzi di cui sopra, nel frattempo, si mettono in viaggio per Fairlake forniti di ecstasy e funghetti allucinogeni, sparati in auto a tutta velocità tra le strade di montagna, e per poco non fanno secco proprio Maynard rischiando di far terminare il film dopo soli dieci minuti e mandare a carte quarantotto (leggasi a puttane) il lavoro degli autori. Dopo di che, cercando di evitarlo, vanno a schiantarsi contro un albero. Rischiando, stavolta, di fare la fine più idiota che si possa fare in un film horror: morti per un incidente stradale, senza aver mai incontrato chi dovrebbe strapparti le budella e farci le salsicce. Maynard, comunque, sopravvive (tranquillizziamo i parenti se ci stanno leggendo) e accoltella uno dei ragazzi. Loro, per tutta risposta, iniziano a prenderlo a calci come fosse un sacco di patate. A questo punto, arriva lo sceriffo Angela che li arresta tutti. Ed è qui che comincia il terrore. No, scusate, ho sbagliato, non è qui.

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Maynard e i cinque cervelloni finiscono nella stazione di polizia a far compagnia allo sceriffo Angela e un tizio ubriaco che era già lì e che probabilmente è il più sano di mente tra tutti. Ma quattro dei cinque cervelloni riusciranno ad uscire di prigione, poiché Billy si prende la colpa per aver avuto addosso più stupefacenti dell’intero Cartello di Tijuana. Maynard, nel frattempo, avverte tutti che non vedranno l’alba perché i suoi ragazzi verranno a liberarlo facendo a brandelli chiunque respiri. Ed è qui che comincia il terrore. No, niente, ho sbagliato nuovamente, non è neanche qui.

In ogni caso, la città dovrebbe essere piena di vita e dovrebbe esserci in corso un concerto. E invece, quando Cruz si avvia verso la prigione per portare qualcosa da mangiare a Billy, non c’è un cane. A parte lei. E i cannibali. In ogni caso, la tizia muore in maniera tanto assurda – rincorsa dal cannibale, si gira e se lo ritrova davanti con un coltello affondato nel suo stomaco: neanche Goku dopo aver usato il teletrasporto – che è meglio che nessuno l’abbia vista. Altro effetto scenografico che non avremmo mai visto neanche in uno dei film horror girati da Dawson Leery riguarda le ferite: di qualunque tipo siano (un taglio, un graffietto, uno squarcio di dimensioni bibliche), inizieranno a spruzzare sangue come piccoli geyser. Un po’ come se, all’interno delle loro vittime, i tre cannibali riponessero dei piccoli Super Liquidator e premessero il grilletto ogni volta che tagliuzzano una parte dei loro corpi.

Da qui in poi, è un gioco al massacro. Chiunque rimanga solo per più di dieci secondi, finisce ora sbudellata a mangiare i suoi stessi organi; ora attaccato da un’estremità del corpo a un camioncino e dall’altra a un albero, tirato come se non ci fosse un domani, preso a martellate sulle caviglie per poi finire sotto lo stesso camioncino mentre cerca raggiungere la salvezza gattonando; ora sotterrato in un campo da calcio con solo la testa fuori e decapitato per mezzo di una mietitrebbia; ora incatenato alla porta dello stesso campo da calcio, rincorso per un po’ con la stessa mietitrebbia e poi triturato come fosse carne da macello destinata agli hamburger; ora arso vivo e poi fatto esplodere; ora, invece, imbavagliato dentro un’automobile e sistemato in modo tale che chiunque apra lo sportello per liberarlo lo scuoi vivo (chiaramente succede, e lo sceriffo tenta di risistemargli gli organi dentro lo stomaco mentre questi iniziano a vagare per tutta l’auto).

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Memorabile la scena in cui lo sceriffo deve lasciare i prigionieri da soli nella stazione di polizia per andare a cercare un generatore di corrente e li affida alle sapienti mani dell’ubriaco, al quale – per sicurezza, chiaramente – dà persino un fucile. E qui succede il patatrac. Lita bussa alla porta e l’ubriaco, senza chiedersi nemmeno per un secondo chi possa essere, spara non uccidendola di un niente. A quel punto, Billy, visibilmente irritato e con sguardo assassino, scatta in piedi, si rivolge all’avvinazzato e proferisce quelle parole che messe insieme, in un film horror, te la fanno fare sotto: “Io ti ammazzo di botte”. Paura.

Il film, come praticamente tutti quelli della saga Wrong Turn, si chiude nel modo più idiota possibile. Questo non ve lo spoilero (cit), anche perché non ne vale la pena.

Detto ciò, augurandovi di non vedere mai ‘sta roba, vi dò appuntamento al prossimo mese con un altro film che vi sconsiglierò caldamente. Buon Halloween!

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