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Captain America: The Winter Soldier – La Recensione

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Che sia un periodo d’oro per i cinecomic se ne sono accorti pure i muri. Solo il fatto che sia stato coniato un termine ad hoc per distinguere le trasposizioni cinematografiche di fumetti dagli altri generi è indicativo dei tempi che corrono: se da una parte significa che questi film sono così tanti e hanno così successo da costituire un’industria a sé, dall’altra l’appellativo di “cinecomic” limita sia il target che la qualità percepita dal pubblico, rischiando di relegare il genere ai soli appassionati.

Per quanto riguarda la Marvel, l’andazzo generale da un paio di anni a questa parte è quello di eguagliare il successo di The Avengers, film che ha sancito l’inizio della cosiddetta “fase due” del franchise. Il risultato è stato quello visto in Iron Man 3 Thor: The Dark World, dove un’impostazione molto più easy e qualche faciloneria di troppo nelle rispettive sceneggiature hanno giocato a scapito dello sviluppo sia della storia che dei personaggi, riuscendo comunque a sfornare due prodotti più che validi, ma che – se si toglie loro l’etichetta di cinecomic – si rivelano piuttosto deboli.

Il secondo capitolo della saga di Capitan America, invece, è un film che sta in piedi da solo e che – paradossalmente – si rivela più fedele al fumetto degli autoreferenziali sequel sopra citati.

Ritroviamo Steve Rogers due anni dopo l’invasione aliena di New York da parte di Loki, ancora alle prese con le difficoltà di adattamento in un tempo profondamente diverso dal suo dal punto di vista estetico, tecnologico, ma soprattutto valoriale. È proprio sul conflitto fra alcuni valori fondamentali, come quello dell’amicizia tradita per una causa più grande e della libertà sacrificata in nome di una maggiore sicurezza, che il film si sviluppa in modo fluido e avvincente, mescolando scene d’azione spettacolari (fra le più belle viste sul grande schermo di recente) con gli elementi della spy story e addirittura del thriller politico, con l’aggiunta di un umorismo finalmente misurato.

The Winter Soldier, però, non è solo azione e adrenalina, ma segna anche il primo vero sviluppo di alcuni personaggi dall’inizio della fase due. Innanzitutto, ovviamente, quello di Rogers, che si libera dell’etichetta di “sempliciotto tutto muscoli” mostrando complessità caratteriale e significative doti intellettive (alcune forse un po’ forzate come espediente per creare scene spettacolari e per risolvere punti cruciali della trama), ma anche Nick Fury Natasha Romanoff acquistano più spessore e sfaccettature.

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Complice il coinvolgimento di Ed Brubaker, l’uomo che ha letteralmente resuscitato Bucky Barnes nel 2005 creando il Soldato d’Inverno, il sequel di Captain America diventa anche una delle trasposizioni più attinenti alla storia originale. Forse che il produttore Kevin Feige voglia farsi perdonare le ultime trovate che hanno fatto infuriare i fan dei fumetti (come il Mandarino in Iron Man 3, ma non solo)?

Se questo è il nuovo cammino dei cinecomic targati Marvel e non solo un’anomalia per spezzare dal solito “giocattolone”, direi che siamo sulla buona strada.

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