Recensire un concerto è cosa pressochè diffusa e relativamente ordinaria: si tratta di descrivere un palco allestito per l’occasione, farsi permeabile alle sensazioni rilasciate dai musicisti, impregnarsi dell’atmosfera creata dal pubblico, aggiungendo veridicità nella narrazione spazio-temporale.
Ben altro, invece, è raccontare ciò che succede in un contesto diverso, che precede il momento d’arrivo sul palco: calarsi in una stanza tappezzata di foto, cartelloni di festival, locandine di eventi, disegni di qualsivoglia sorta, frasi dalle molteplici risonanze, testimone dell’evoluzione della musica, espressione princeps di una band, è un fatto assai differente. Al primo impatto le narici avvertono il classico odore di chiuso, che solo alcuni pianerottoli sparsi per angoli di mondo non molto illuminati eguagliano. L’ambiente non ha aperture sull’esterno: è come se tutto fosse concentrato in quel rettangolo di pareti variamente accessoriate, come se fuori non vi sia alcuna cosa che meriti più importanza di ciò che è racchiuso in quella camera della musica.
Tra cavi, casse, testate, chitarre, bassi e pezzi percussivi di ogni tipo e genere, i The Syndrome, power funk da Reggio Calabria, manipolano e sperimentano sulla loro musica come fosse una soluzione ad alto potenziale esplosivo. Si guardano, tra scivolate di basso dal gusto funk e dal retrogusto prog, tra un incastro luminoso di chitarra e un colpo ben assestato di China, mentre un timbro vocale scuro e graffiante al punto giusto amalgama il tutto in una miscela dal sapore west-coast. Difatti, non solo per la lingua utilizzata come veicolo dei testi e dei concetti in essi espressi, ad un ascolto sprovvisto di vista sembra di essere catapultati in una dimensione californiana tra gli ’80 e i ’90: nella mente si figura l’immagine di quattro individui più o meno alti, più o meno slanciati, con tonalità chiare tra i capelli e riflessi abbronzati sulla pelle. Ma non sempre ciò che immaginiamo rispecchia la realtà delle cose: sebbene l’orecchio non inganni e la musica paia davvero esemplare un certo american style, una volta aperti gli occhi i figuri californiani precedentemente sognati spariscono, e prendono il loro posto altrettanti semplici e ordinari ragazzi italiani, chiaramente ascrivibili geograficamente al Sud Italia per la parlata solare e spalancata. Nonostante la loro forma fisica non sia scultorea e in assetto da surf, la musica che fuoriesce dagli strumenti e dalle corde vocali è marmo in officina.
Forti e metronomici gli stacchi e gli incastri, ritardanti e assestati i ritmi, effettestica curata nei minimi dettagli, vuoti ricchi d’espressione e sapore, sonorità vocali perfettamente in colore con l’assetto dirty e vischioso del sound. Insomma, poche chiacchiere: come una birra dalla spuma folta ma dalla freschezza sincera, il mondo musicale dei Syndrome si contraddistingue per il carattere di originalità e godibile trasporto che solo una rossa doppio malto sa possedere nella sua trama frizzante di bollicine. Da sorseggiare con cura e senza fretta, lasciandosi trasportare dall’effetto d’ebbrezza che inevitabilmente rilascia.
Una volta spente le spie rosse degli amplificatori, si nota dai commenti animati che hanno sulle lingue che la voglia di raggiungere l’obiettivo, quello di esprimere al meglio in musica ciò che hanno dentro, è decisa e sostenuta. Abbiamo il tempo di scambiare qualche battuta su cosa significhi “essere un Syndrome”: non si tratta solo di essere un membro di un gruppo, che ha un progetto ed intende portarlo avanti; è, piuttosto, scegliere di far parte di qualcosa di più grande, che si posiziona sul piano dell’energia fisica e della corrispondenza di intenti tra persone che fanno parte di un organismo vitale, che respira a ritmo di funk, ci dicono Raffaele, Claudio, Emanuele e Fabio, con un ampio sorriso sornione sulle labbra. L’esperienza Syndrome ci ha dato l’occasione di vivere momenti fantastici che non avremmo mai vissuto senza l’esistenza di questo gruppo, anzi di questo modo di intendere la musica: per noi suonare insieme significa evadere dall’abitudine, partire alla ricerca di qualcosa di inesplorato che possiede un carattere di unicità anche solo per il fatto che siamo noi a reperirlo. Tanti sono gli aneddoti che affollano il nostro passato, confessano con sguardi di complicità: ecco, se dovessimo augurarci un buon futuro, vorremmo che esso fosse pieno di quell’atmosfera spumeggiante che finora abbiamo vissuto. L’intesa insostituibile che c’è tra di noi è come un’irresistibile attrazione di immaterialità, che si fa tutta corpo quando impugnamo gli strumenti e partiamo col primo accordo; è “funk”, nel senso che possiede quell’odore tipico dell’essere umano in preda all’eccitazione, libero da inibizioni e autentico nel suo riconoscersi uomo in quanto essere attratto da ciò che lo circonda, curioso di esplorare nuove vie del suo trovarsi al mondo.
Colloquiamo con serenità su aspirazioni, progetti e impegni futuri: dopo svariati tour e la partecipazione a numerosi festival (CinemAvola GIFFONI Film Festival, Italia Wave, RockOn, Sonic Waft Festival, Rizla Contest, Talent Show Festival, ALL WE NEED), i Syndrome calcheranno il palco del Meeting del Mare a Marina di Camerota (SL), nella cui compilation ufficiale sono stati inseriti, aprendo il concerto ai Verdena, nota formazione del panorama underground italiano. Inoltre, il prossimo Luglio saranno ospiti per la seconda volta dell’Utcazene di Veszeprèmi, Ungheria.
Ma la musica non genera solo altra musica: si mischia con le altre declinazioni dell’Arte per farsi concreta, per manifestarsi in tutte le sue sfumature. Da qui nasce la collaborazione con JesTime, crew di grafici reggini specializzati in grafica musicale, VendV, azienda serigrafica calabrese, e The Syndrome. L’obiettivo è semplice: rendere vive le storie narrate nei pezzi di Appearance, ultimo lavoro in studio per la band calabrese. Abbiamo pensato a come potessero essere rappresentati graficamente i personaggi, i racconti, le atmosfere dei nostri pezzi: da qui nasce la collaborazione con i ragazzi di JesTime, che materialmente hanno dato vita ai nostri pezzi. Ma volevamo fare di più: così, grazie alla concertazione operata da Natale Militano, amico, sostenitore dei Syndrome ed orchestratore di numerose attività legate al mondo dello spettacolo e dell’intrattenimento, abbiamo pensato di lanciare una linea di magliette che potesse non solo rappresentare l’universo dei Syndrome, ma che potesse essere visto da occhi diversi ed indossato da chiunque voglia vestirsi di una prospettiva nuova da cui guardare le cose. Insomma: desideravamo che la nostra musica si contaminasse di novità, e siamo felicissimi di questo.
L’idea che occupa la mente, lasciando alle spalle quegli occhi congiunti di intesa, è la seguente: se condividere un progetto musicale significa farsi corporalmente e mentalmente mezzo d’espressione sonora, non c’è modo migliore di farlo essendo non solo musicisti amalgamati da un feeling, ma persone unite dall’amicizia, il più efficace collante che possa esserci in circolazione. Ed il prodotto musicale dei Syndrome è tale proprio per questo: musica sì, ma anche umanità. Come se non ci fosse miglior sound di quello sprigionato, semplicemente, nel capirsi.
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