Quella che si annusa, si respira, si assapora, che impregna la sala affaciata sul blu dello Stretto, non è un’aria solita, convenzionale. Ancora il sole dona spruzzi di luce, qui e lì, quando le prime bacchette iniziano a percuotere con emozione la pelle del rullante, stretto tra le gambe di un giovane sognante. Un pianoforte, sapiente, picchiettato impressionisticamente dalle salde dita del M°Ninni Averna accompagna il leggero, fresco scandir del ritmo. Tra applausi sinceri, timpani naturali, primigeni invadono l’atmosfera. Marimba brillante, essenziale, intima si insinua tra le pieghe del silenzio attento degli astanti. Ancora timpani, vigorosi, tempestosi raggiungono con forza misurata le orecchie degli ascoltatori. Suoni posati e leggeri si intrinsecano, tra cromatismi sorridenti e sapori d’estate, in uno scivolìo piastrinato di marimba. Rapidità saggiata e soave sprigiona il ritmo coinvolgente mani e ticchettii di piedi. D’improvviso, ancora timpani: sostenuti, scatenanti, tonanti. S’acquietano: di nuovo, sognante marimba, spumeggiante, intrecciata al piano in un incontro/scontro senza esclusione di colpi. Discese e salite leggiadre, spontaneamente dirette. Si chiude, infine, la prima parte del concerto, durante la quale i musicisti si sono esibiti in singoli e personali dialoghi con gli strumenti, con un tripudio di percussioni, un vero e proprio scatenarsi di poliritmie, sfiancanti per la loro complessità e bellezza. Una scivolata di cadenze, da Baratt a Xenakis, passando per Schmitt, Beck, Macarez, Hatch, Sammut, Sejourné, Zivkovic, Kopetzki, Santangelo.
Ma, non è finita qui: anzi. Coralmente, sentendo insieme e suonando insieme, i ragazzi si lanciano in acrobazie coordinate, in uno scrosciare fluido e ricco di intersezioni ridenti e perfettamente incastonate. Sorridono, si sorridono, mentre danno spettacolo coi loro polsi: un feeling percepibile lega con un sottile filo rosso questi giovani. Seppur tenera o tendente alla maturità l’età, già la grinta e la magnificenza dei grandi musicisti li avvolge. Hanno inteso l’elemento essenziale, il primario principio della musica: sentire, e sentire insieme.
L’ultimo brano, un bis richiesto dal pubblico entusiasta, che si lascia coinvolgere in un battito di mani, piedi e cuori. Davide Caliò, Davide Camarda, Alberto Colosi, Giuseppe Oliva, Gabriele Riggi, Gabriele Ruggeri, Ennio Corica, Davide Cigala, Pietro Crimaldi, Letterio Naccari, Andrea Pezzino, Andrea Virgillito, Andrea Ferraguto. Ci sono tutti. Sorridente, con la musica negli occhi, li guarda ammirevolmente la loro seconda mamma, la Prof.ssa Maria Grazia Armaleo, «paziente ed energica». È lei il Demiurgo di questa sensazionale esperienza interna al Conservatorio di Musica “A.Corelli” di Messina. Un’infinita passione e soddisfazione sgorga dal suo riso perlato.
Atom Heart Magazine, nel caotico e festoso postconcerto, ha avuto l’onore di dare voce a questa splendida ma, purtroppo, sommersa, realtà musicale siciliana. Chiacchieriamo giovialmente tra timpani riposti, in una stanzetta adiacente l’Aula Magna. La stanchezza è palpabile, ma la felicità «vincit omnia». Così, con tono bonario e allegro, Maria Grazia Armaleo risponde alle nostre curiosità.
Come nasce, secondo Lei, il desiderio di voler suonare le percussioni?
Per quel che riguarda la mia esperienza, posso dire che sta tutto nel ritmo, nella potenza del ritmo. È un mondo meraviglioso: la vasta gamma degli strumenti a percussione, vibrafono, marimba, timpani, rappresenta una dimensione unica, che è il non plus ultra della creatività. Nel panorama degli strumenti, il violino, fa il violino, il flauto, fa il flauto. Le percussioni, invece, hanno la capacità di delineare infinite sfumature diverse. Io, sono diplomata in pianoforte. Credereste mai che ho capito davvero la musica solo quando sono approdata alle percussioni? L’essenza di questi strumenti, è tutta qui: nella sterminata possibilità di esprimere la creatività che ognuno ha dentro di sé.
Un repertorio vario e composito: in base a cosa sono stati scelti i brani da eseguire?
Ho guardato alle capacità e ai gusti di ciascuno di loro: c’è a chi piace la marimba, chi preferisce rullante, timpani o vibrafono. Quando si trovano davanti al pubblico, devono esprimere il meglio di loro: quale elemento migliore del suonare ciò, e come piace di più? Io consiglio loro, sempre, di fare l’amore con lo strumento: è un rapporto unico, personale, intimo. Come quello con il nostro animale domestico, ad esempio. Il cane, è il miglior amico dell’uomo. La musica, la migliore amica.
Come descriverebbe, in una massima, la sensazione che sprigiona il ritmo del sistema percussivo?
La pulsazione della nostra anima.
È un’operazione complessa dirigere un’intera schiera di percussionisti: cosa raccomanda ai ragazzi per sentire meglio insieme?
Ascoltare l’energia dell’altro, non il ritmo. Il ritmo, è una cosa naturale: il nostro cuore, batte ad un tempo, così come il nostro respiro. Ma non pensiamo «sta battendo ad 88, o a 100?»: lasciamo che esso dia sostegno al nostro corpo, e lo seguiamo.
Cosa manca al sistema di formazione musicale italiano?
Purtroppo, manca tanto. Manca l’aggiornamemto, che è obbligatorio, secondo il mio modesto parere. Spendo molto per essere all’avanguardia, e lo faccio con piacere: ma, queste, sono cose che dovrebbero essere sotenute economicamente a livello istituzionale. Si dovrebbe dare a questi nostri ragazzi, creativi, studiosi, volenterosi, soprattutto del Sud, dove la situazione formativa non è affatto delle migliori, la possibilità di andare avanti, e di veder rispettati i propri traguardi e risultati che ci saranno, e ci sono.
(Agli allievi) Qual è l’elemento imprescindibile senza il quale non potreste suonare?
«..Le bacchette», «le mani!», «la passione», «la concentrazione», «l’amore per la musica, e.. Il rispetto reciproco».
Scherzando tra di noi, ognuno prende la sua strada. Mi fermo a guardare la sala ormai popolata solo dagli strumenti, nella penombra. La sera è scesa, e quasi la notte si avvicina, accompagnata da raggi di luna sporadici, tra le nuvole violacee. Un’aria satura, ricca, si respira. Non è finito il concerto, non è finita la musica. Suona, ancora, nel battito silenzioso di questa placida assenza, nel cuore delle persone che si sono fermate ad ascoltare a labbra dischiuse l’energia di questi ragazzi. Negli occhi, sognanti, di un’insegnante che si batte, giorno per giorno, attraverso ricerca, approfondimento, sensibilità e vicinanza agli allievi per far sì che la musica suoni, sempre, comunque e, dovunque.
Auguriamo, con immensa sincerità e benevolenza, a tutta la città di Messina, all’Italia intera, a ciascuna realtà sociale, di poter godere più spesso della bellezza di questi momenti, proprio com’è accaduto a me, lunedì 10 giugno 2013, tra uno sguardo sul mare, una carezza all’orecchio e un battito di mani.