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Mali, la guerra si sposta a ovest. Onu e Ue in allarme

Foto urbanpost.it

Dopo nove mesi di occupazione islamista nelle regioni del nord del Mali, il presidente francese Hollande, venerdì scorso, ha risposto positivamente alla richiesta di sostegno militare avanzatagli dal Capo di Stato maliano, Traoré. La Francia conta numerosi propri cittadini che vivono e lavorano nell’ex colonia africana.

Oggi, al loro quinto giorno di guerra, i Transalpini hanno 750 uomini impegnati nell’Operazione “Serval”, ma è un numero destinato ad aumentare nelle prossime ore. Una quarantina di blindati francesi di stanza in Costa D’Avorio hanno infatti raggiunto questa notte la capitale Bamako e sono pronti ad intervenire in ogni momento. Mentre parte dei 700 militari nella base di Abu Dhabi sono già in stato di pre-allarme. I soldati francesi operano via terra a fianco delle truppe regolari maliane e offrono appoggio aereo con bombardamenti che la notte scorsa, secondo i dati riportati da Hollande, hanno concluso la missione centrando tutti gli obiettivi e uccidendo almeno cinque jihadisti.

Domenica le vittime erano state una sessantina, con i miliziani affiliati ad Al-Qaeda, ieri, costretti a evacuare le loro roccaforti nel nord. Il baricentro dei combattimenti si è ora spostato a ovest, dove gli islamisti hanno sconfitto l’esercito regolare a Diabaly, 400 chilometri a nord di Bamako, e occupato la cittadina. Una “ritirata tattica”, secondo Senda Ould Boumama, portavoce dei mujaheddin.

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Mentre attendono i rinforzi dell’Ecowas, la Comunità Economica degli stati dell’Africa Occidentale, annunciati in “centinaia di uomini”, i francesi hanno subito due perdite e hanno provocato undici vittime tra i civili, di cui tre bambini, ferendone oltre sessanta. Gli Stati Uniti, finora, hanno fornito appoggio logistico, promettendo anche l’invio di supporti tecnici. Oggi è prevista una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che si occuperà di fare il punto sulla situazione nel Mali e di prevedere le modalità di un eventuale intervento. Intanto, questa mattina l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite ha fornito i primi numeri: circa 230 mila profughi e 150 mila rifugiati, di cui 54.100 in Mauritania, 50.000 in Niger, 38.800 in Burkina Faso, 1.500 in Algeria.

L’iniziativa francese ha ricevuto il beneplacito inglese, mentre il Ministro per i Rapporti col Parlamento di Parigi lamenta l’assenza dell’Europa: “si può dire che la Francia è da sola – ha detto Alain Vidalies –, la mobilitazione europea è piuttosto minimale”. Catherine Ashton, capo della diplomazia Ue, ha convocato per giovedì una riunione dei ministri degli esteri dell’Unione, durante la quale “si stabiliranno le possibili misure d’intervento in sostegno del Mali”.

Romano Prodi, inviato speciale dell’Onu per il Sahel, si è detto molto preoccupato per il precipitare della situazione nel Paese. Il 20 novembre scorso, in base al rapporto di un gruppo di esperti, l’ex premier italiano aveva  dichiarato possibile un intervento armato nel Mali del nord solo a partire dal settembre 2013. “Il proseguimento degli sforzi della comunità internazionale e delle organizzazioni regionali e sub-regionali africane – hanno fatto sapere fonti russe dopo un colloquio telefonico tra Prodi e il Ministro per gli Affari Esteri Lavrov – è necessario per riportare la crisi del Mali sui binari delle specifiche risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu”.

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