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Ciccio Merolla: “Non si può più delegare o far amministrare ad altri la nostra esistenza. Il vero tesoro ce l’abbiamo dentro: si chiama vita”

A cura di Adriano Costantino.

Ciccio Merolla ha cominciato la sua avventura in musica da giovanissimo; a sette anni suonava già le percussioni per i vicoli di Napoli. Oggi è uno dei percussionisti-rapper più accreditati del panorama musicale italiano attivo da ormai vent’anni, dopo l’esordio con i Panoramics nel 1989 è diventato il percussionista di fiducia per buona parte della scena musicale partenopea. Tra le collaborazioni non si possono non citare: Andrea Bocelli, Eugenio Bennato, James Senese, Daniele Sepe e moltri altri. Cerchiamo di conoscelo meglio.

Com’è cominciata la tua passione per la musica e, nello specifico, per le percussioni?

La passione è iniziata da bambino, a scuola, pensavo sempre alla musica, e suonavo sui banchi . Non ho mai vissuto la musica e quindi i tamburi, le percussioni come qualcosa di esterno, ma l’ho sempre vissuta come una cosa che fa parte di me, come il respiro.

Fratammè. Come ha origine e, soprattutto, cosa rappresenta per te?

A Napoli quando si parla con una persona e si inizia il discorso dicendo fratammè,  è come dire “togliamoci le maschere, parliamoci sinceramente, a cuore a cuore”. È questo per me. Dire le cose esattamente come si pensano, magari tenendo presente che la persona che ci sta di fronte è una parte di noi.

Che messaggio vuole comunicare a chi lo ascolta?

Io racconto delle storie, alcune vere come Fratammè, in altre utilizzo delle metafore come in Pitbull, metto insieme suoni etnici, tutto questo per creare un sound originale ed autentico. Spero che arrivi questo, l’impegno, l’amore e la dedizione che ho per l’arte.

Si tende a etichettare la criminalità organizzata a secondo della terra di appartenenza: in Sicilia la chiamiamo mafia, in Calabria la chiamano ‘ndrangheta e in Campania camorra. Che cosa intendi tu per camorra e che implicazioni può avere nella politica italiana?

La camorra  o meglio la criminalità organizzata per me è solo una conseguenza, della crudeltà umana che è insita in ognuno di noi. Per me un camorrista non è solo quello che spara, ammazza o ruba, ma anche il professore universitario che impone i suoi libri per superare gli esami o la radio che ti chiede soldi per mandare in onda un tuo pezzo. Per me camorrista è chiunque compie una violenza, anche se quella violenza non è reato. Senza voler generalizzare, ma ultimamente la politica o meglio i politici mi sembra che  abbiano assunto molti comportamenti delle organizzazioni criminali, ossia gestire il potere non per migliorare le condizioni di tutti ma solo di pochi, violare in continuazione le leggi, abbassare l’etica del paese etc.. etc.

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Se c’è, quale pensi possa essere il modo migliore per tenerne un ragazzo lontano? Tu, ad esempio, già all’età di sette anni hai conosciuto la musica: credi che questo possa essere di grande aiuto in questo senso?

Per me ha rappresentato la salvezza, e la mia evoluzione, penso che ogni persona ha un talento, e dovrebbe dedicarsi a coltivarlo e migliorarlo ogni giorno, questo ci fa sentire realizzati e ci fa dare il nostro contributo alla società.

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Nel brano Arabian Groove affermi di sentirti più vicino a un tunisino, rispetto che a un milanese. Pensi che, come te, molti meridionali provino la stessa sensazione? E a cosa la attribuisci?

La mia è una provocazione, anche perché ho molti amici milanesi, e mi sento cittadino del mondo. Penso che si danno troppi giudizi in generale, invece ogni persona è unica e insostituibile. Era solo un modo per dire “preferisco stare sempre dalla parte di chi soffre di più”.

Rappare sul pezzo Brava, di Mina, potrebbe sembrare un azzardo. Ma è senza dubbio un’idea molto originale, come l’hai avuta?

Mi divertiva tradurre un capolavoro come Brava in napoletano, quando la faccio nei concerti, la gente si diverte, non è questo che conta?? So che anche Mina si è divertita.

Ogni tua canzone è molto attuale. C’è più di una “semplice” autobiografia dietro i testi che scrivi?

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Scrivo in maniera molto istintiva, racconto le emozioni che provo quando mi guardo intorno, quando parlo con gli altri, forse è questo che li rende attuali.

Nell’album Kokoro è presente il brano Aggio acciso a Berlusconi, com’è nata l’idea? E soprattutto, non hai temuto di scatenare reazioni contrastanti con un titolo così?  

Ho scritto questo pezzo quando il berlusconismo imperversava in Italia, non ce la facevo più, quindi pensai che se l’avessi ucciso, per lo meno in una canzone, avrei provato sollievo (ahahah). Quando scrivo non penso mai alle reazioni, perderei di autenticità se mi ponessi il problema delle reazioni.

Nel 2009, il brano Femmena Boss viene premiato alla VI edizione di Roma video clip ed entra nella playlist di MTV. Usando una frase che va tanto di moda nel mondo della musica, si potrebbe dire che “ha avuto successo”. Cosa ti è rimasto di quel periodo e cosa pensi del successo in generale?

Penso che il successo è una cosa che succede dentro di noi, la  “mia” Femmena Boss decide di morire per amore. In questo mondo dominato dagli uomini, c’è sempre più bisogno delle donne, che sono le vere maestre dei sentimenti e delle emozioni.

È pensiero comune che le radio italiane trasmettano sempre la solita musica, prediligendo un genere solo: il pop. Questo va sicuramente a discapito degli altri artisti. Come la pensi in merito?

Questa  è una tragedia più per gli ascoltatori, che per gli artisti, si cerca di omologare le persone per controllarle, dominarle, ma penso che neanche i mezzi di comunicazione più potenti ce la possono fare, la musica vera vince sempre.

 

Dal 1989, anno in cui esordivi con i Panoramics, a oggi, quando puoi vantare collaborazioni importanti con una buona fetta della scena musicale italiana (Enzo Gragnaniello, Daniele Sepe, Gigi Finizio, Andrea Bocelli, Eugenio Bennato, Maria Nazionale, Marco Zurzolo, James Senese, Jovine e spero di non averne dimenticati molti) cos’è cambiato per te? C’è qualcuno di loro con il quale hai stretto un legame particolare?

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Con tutti i personaggi che hai appena citato, ho un legame fortissimo. Amo anche nel lavoro  i rapporti di cuore che sono eterni.

Molti artisti, in special modo se emergenti, utilizzano la rete per promuovere i loro lavori e farsi conoscere. A tuo parere, qual è il peso che possono avere in questo i social network tradizionali?

La cosa che mi affascina della rete è  il contatto diretto e immediato tra il musicista e il pubblico, senza censura. I social hanno un peso importante nella diffusione, ma non dobbiamo mai dimenticarci dei contenuti, perché è vero che  è facile promuovere i lavori in rete proprio per il rapporto diretto con il pubblico, ma se i contenuti sono scadenti che promuoviamo? Merda!

E tu, invece, che rapporto hai con i social network?

Ho un buon rapporto. Non passo sicuramente tutte le mie giornate al computer, ma allo stesso tempo, tutti i giorni mi tengo aggiornato e posso mantenere il rapporto con molte persone. Trovo che sia una cosa straordinaria.

La situazione politica italiana. Prima Berlusconi, adesso Monti: che Italia credi che sarà nel prossimo futuro?

Io credo che ognuno di noi deve fare la propria parte, deve migliorarsi, evolversi ed informarsi per poter controllare continuamente gli uomini di “potere”. Non si può più delegare o far amministrare ad altri la nostra esistenza. Credo che ci sarà un ritorno all’umanità, alle cose semplici, perché quella è la vera vita, e la crisi che io respiro è più che altro spirituale. Si cerca di conquistare tutto ciò che è esterno a noi, invece il vero tesoro ce l’abbiamo dentro: si chiama vita.

Fratammè sarà in tour. Dove possiamo trovarti?

Ad aprile partiranno le date, comunicheremo tutto attraverso i social network (facebook.com/ciccio merola bis – myspace.com/merollaciccio).

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