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X-Men: Giorni di un futuro passato – La Recensione

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La saga degli X-Men è una delle più longeve e prolifiche nell’universo dei cinecomic. Iniziata nel 2000, in quattordici anni ha prodotto due sequel, due spin-off  su Wolverine (Le Origini e L’immortale), un prequel (First Class), e quest’ultimo film che nasce con l’ambizioso intento di collegare il tutto in un’unica storyline, tentando di eliminare alcune incongruenze sorte negli anni e rendendo la saga più organica.
Per farlo, ci si è basati (con molte licenze) su una delle serie più famose della Marvel, che racconta di un futuro distopico nel quale le Sentinelle – robot giganti altamente tecnologici dotati di intelligenza artificiale e, soprattutto, di poteri mutanti – annientano i pochi mutanti rimasti in circolazione. L’unica speranza per la sopravvivenza della specie è tornare indietro nel tempo per impedire l’avvio del progetto di costruzione delle Sentinelle.

Il tema, quindi, è quello del viaggio nel tempo, schema tanto facilmente abusato quanto difficile da usare senza combinare pasticci, e bisogna dire che Giorni di un futuro passato se la cava abbastanza bene.

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Durante le due ore e dieci circa di durata, si alternano scene angoscianti del futuro, dove i mutanti soccombono fatalmente alla forza delle Sentinelle, mentre Kitty Pryde lotta per mantenere la coscienza di Wolverine nel passato (nel fumetto, invece, era lei stessa ad intraprendere il viaggio), e scene degli anni ’70, dove Wolverine viene mandato per impedire a Mystica di uccidere Bolivar Trask, ideatore delle Sentinelle. Dopo averlo ucciso, infatti, Mystica verrà catturata e sottoposta ad esperimenti, ed è proprio a causa del suo gene che le Sentinelle avranno la tecnologia necessaria per annientare i mutanti. Un compito che Logan non può portare a termine senza l’aiuto dei giovani Charles Xavier e Erik Lehnsherr (che hanno le sembianze dei bravissimi James McAvoy e Michael Fassbender, già amati in First Class): il primo, però, è caduto in una forte depressione, mentre il secondo è rinchiuso in una cella di massima sicurezza perché accusato dell’omicidio di John F. Kennedy. Lo scontroso mutante, quindi, deve riuscire a far collaborare due vecchi amici adesso agli antipodi, ma non ancora acerrimi nemici.

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Il ritorno alla regia di Bryan Singer (che aveva lasciato dopo i primi due film) si rivela un successo. Molto interessante e ben realizzato lo sviluppo dei personaggi: dai giovani Professor X, Magneto e Mystica (interpretata da una Jennifer Lawrence in splendida forma), alle “vecchie glorie” (agli amanti della trilogia spettano belle sorprese nel finale), passando per l’introduzione sul grande schermo di mutanti come BlinkBishop e, soprattutto, di un adolescente Quicksilver, che costituisce la parte più divertente (nonché una delle scene più spettacolari) dell’intero film, e ci fa interrogare se il suo equivalente in Avengers: Age Of Ultron (per motivi di diritti, lo stesso personaggio sarà interpretato da un attore diverso, Aaron Taylor-Johnson, e avrà una storyline completamente differente) sarà all’altezza.

Una storia ben costruita (sebbene alcune cose rimangano inspiegate, ma ci saranno tante altre occasioni per chiarirle), effetti speciali spettacolari, un’ottima fotografia e un cast fantastico sono i punti di forza di questo ennesimo prodotto ben riuscito, che si innalza al di sopra degli altri film della saga (o almeno, della trilogia), riuscendo a rendere credibile quest’universo popolato da personaggi straordinari.

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