Ogni tanto, sul web, m’imbatto in personaggi a loro modo geniali. Gente che dall’alto di una supponenza – non si sa bene derivata da cosa – punta il dito e poi si scaglia contro qualcuno o qualcosa che pensa di conoscere ma in realtà non comprende nemmeno alla lontana. È il caso di Massimo Zamarion (chi?) e quella roba pubblicata su Giornalettismo in cui si lancia in una riflessione profonda sui rapper, etichettandoli come “ebeti”, “coglioni senz’arte né parte” e “capaci solo di sparare ritmicamente minchiate senza soluzione di continuità”.
Ora, premessa esaurita, vi chiederete chi mai sia ‘sto Massimo Zamarion. Ecco, anche io. Probabilmente noto solo a chi l’ha messo al mondo, di rado fa parlare di sé per cose scritte a casaccio e pubblicate appunto su Giornalettismo (qualche anno fa scrisse in merito alla proposta del Pd di Pavia di dare la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano, definendola testualmente “pizzo dovuto in cambio del protettorato democratico”). Dalle sue elucubrazioni frignosette traspare come il soggetto soffra probabilmente di complessi d’inferiorità verso colleghi più bravi e preparati che prima di lanciare invettive si assicurano di conoscere approfonditamente l’argomento che si apprestano ad affrontare. Nel caso specifico di quest’ultimo articolo, invece, è probabile che un rapper gli abbia rubato la merenda ai tempi delle elementari e Zamarion ne sia rimasto profondamente turbato nell’animo meditando vendetta.
Il Nostro, prendendo spunto da un argomento di cruda attualità, degenera in una sballata psicoanalisi senza senso contro chiunque abbia mai pronunciato qualche parola in rima sopra una base musicale. In sintesi: i servizi segreti britannici sospettano che il boia dell’Isis, l’autore delle decapitazioni dei tre giornalisti, sia un ex rapper di origine araba. Apriti cielo. Il Zamax nazionale (eh? Boh) non aspettava altro. E così, preso carta e penna, ha iniziato a inveire contro un’intera categoria di cui, in sostanza, non conosce una beata mazza. Ed eccolo lì, a parlare di gesti e movenze, sciorinando luoghi comuni come non ci fosse un domani e condendoli con tanto di analisi psicologiche che manco nei pomeriggi di Barbara D’Urso.
In definitiva, credo sia normale che ognuno di noi abbia le proprie idee e i propri gusti. Anche e soprattutto perché sarebbe un mondo decisamente noioso se a ognuno di noi piacessero le medesime cose. Ed il Rap è una di quelle cose che non può piacere a tutti quasi per definizione. Se c’è una cosa che discuto, però, è ostinarsi a far parlare e scrivere di musica – ma non solo, perché l’Hip Hop in sé non è solo musica ma un movimento culturale con alle spalle una sua storia articolata e interessante – chi non distinguerebbe il suono di una pianola Bontempi da quello della Fender Stratocaster di Jimi Hendrix.